Il Linguaggio Visivo è un linguaggio naturale. Nell’uomo è l’interazione tra il sistema organico della visione (l’occhio) e il sistema psichico di interpretazione dei messaggi sensoriali (la mente). I due sistemi si influenzano a vicenda, nel senso che la mente tende a vedere solo ciò che è stata istruita a vedere; mentre lo sguardo può andare oltre la visione mentale ed entrare in una dimensione psichica diversa: l’immaginazione, l’intuito (al di là di quel poco che sa la mente).
Il Linguaggio Verbale è il linguaggio della mente. Nasce con la parola che ha dato un nome ad ogni cosa e ad ogni essere. La parola ha attribuito un nome e un significato a tutte le cose che, lentamente, hanno dato origine ad una immensa biblioteca mentale (coscienza) che ha catalogato il significato di tutte le esperienze dell’uomo dalle origini ad oggi. Significati mutabili nel tempo, con l’evoluzione e lo sviluppo tecnologico. È l’eterna lotta tra il vecchio (il padre) e il nuovo (il figlio). Lo spirito santo (spiritus) è la brezza che, dall’alto (le idee) soffia e porta le novità al figlio. Ma sono altri discorsi.
Fino agli inizi del 900 la Ragione (il linguaggio verbale) era considerata l’unica fonte ufficiale di conoscenza attendibile dell’uomo: “Il faro nel buio della notte cosmica”, così l’hanno definita gli illuministi francesi. Un faro pericolosamente unidirezionale perché non tiene conto della zona, più ampia e sconosciuta, della psiche, sede della conoscenza percettiva e intuitiva. L’arroganza, l’orgoglio e i notevoli interessi economici dell’uomo ci hanno fatto perdere, per secoli, il contatto con la conoscenza percettiva, l’immaginazione e l’intelletto che sono le funzioni dell’anima che cercano il senso delle cose. Per fortuna artisti coraggiosi hanno divvulgato opere di immenso valore intellettuale: Dante per citarne uno, ma sono molti.
Tra il 1910 e il 1930, in Germania, alcuni studiosi Kurt Koffka, Wolfgang Köhler e Max Wertheimer elaborarono la teoria della Percezione della Forma: la Gestal che ha dato origine alla Psicologia della Forma.
Da quel momento, il linguaggio visivo divenne, a tutti gli effetti, una nuova forma di conoscenza a fianco del linguaggio verbale (descritti nel manuale).
Gestalt appunto, in tedesco significa forma strutturata e dotata di senso.
Ogni Forma (oggetto, persona, una stanza, il cielo ecc.) è caratterizzata da un’espressione (che è il suo significante) e da un contenuto che è ciò che quella forma comunica, il significato del suo messaggio. Percepire una forma significa percepirne il senso. Qui entriamo in discipline di studio complesse, come la semiologia e la semantica che studiano rispettivamente la forma dei segni e il loro significato. Un esempio per semplificare il concetto: prendi una sedia in stile Luigi XV e una in stile Arte Povera, guardale attentamente, nei particolari, dove sono consumante e lasciati portare dagli stimoli percettivi, dalla tua cultura e dalle sensazioni che ti trasmettono.
La Luigi XV ti stimola l’immaginario con scene di vita cortigiana. Ti trasmette l’idea di luoghi sfarzosi e di invitati regali nonché il lavoro di artigiani che abbellivano le forme degli oggetti con orpelli stile rococcò (1700 ca). La sedia assumeva così un significato diverso dalla sua semplice funzione d’uso (stare seduto comodo): il significato del suo messaggio era: eleganza, ricchezza, distinzione ecc. Questa è la semantica ma ognuno di noi può percepire significati diversi.
Lo stile Arte Povera invece può richiamarti alla mente il nonno (se sei nato/a in un paesino montano o contadino) mentre con la sega e la pialla è intento a tagliare e levigare i pezzi di legno per costruire una sedia semplice e funzionale ad una cucina semplice com’era quella friulana: utilità, sobrietà, essenzialità, rigore.
Sono due sedie, la funzione è la stessa: stare seduti, ma la loro Forma (il significante) ha due messaggi (mentali) con un contenuto molto diverso (questo è il significato semantico).
Questa, semplificando è la Teoria della Percezione della Forma o Gestalt; se ci trasferiamo in un contesto diverso, tipo una scena di vita cittadina, la cosa si complica per le molteplici connotazioni culturali, etniche, estetiche, sociologiche, razziali, educative tipiche di ogni civiltà: condizioni e condizionamenti diventano i limiti del nostro orizzonte mentale. Questo è un punto cruciale per la comprensione della conoscenza pecettiva perché più forti sono questi limiti, più limitato è il tuo modo di guardare e di vedere. Eccoci arrivati alla fotografia.
A questo punto, quando scatti una foto, sarà condizionata dalle tue decisioni che determinano: prima di tutto cosa guardi e, di quello che hai scelto di guardare cosa vedi. E qui inizia il bello: o vedi solo quello che ti è stato insegnato di vedere o, se hai fatto una scelta eretica, vedi qualcos’altro; non importa cosa, qualcos’altro che dipende solo da te e non dal condizionamento degli altri: un’intuizioni geniale, una visione nuova di qualcosa.
E quella che io chiamo la nuova frontiera della fotografia.
Questo vale per ogni tipo di soggetto/oggetto: un ritratto, una stanza, un borgo, una zona industriale, sono tutte forme che hanno un significato, un senso. Eresia significa proprio questo: fare una scelta di cosa vogliamo Guardare e Vedere.
In termini psicologici questo significa che, come individui, percepiamo la realtà come il risultato di un insieme di stimoli filtrati dal nostro sistema sensoriale e percettivo. Gli stimoli vengono poi selezionati e organizzati in modo da rispondere al bisogno di costruire significati, che abbiano un senso, in base alla nostra esperienza e alla nostra conoscenza.
Le teorie della Gestalt si rivelarono altamente innovative, in quanto considerarono, alla base del comportamento umano, il modo in cui viene percepita la realtà e sono le basi sulle quali oggi si è sviluppata e diffusa la PNL (Programmazione Neuro Linguistica) e le neuro scienze e molta letteratura sulla programmazione mentale. Sono disciplina che cercano di aiutare le persone a liberarsi da idee, convinzioni e credenze preconcette per generare individui liberi, consapevoli e responsabili di conoscere e realizzare sé stessi.
A questo punto, considerando che ognuno di noi vede la realtà filtrata dalle sue nozioni mentali, sorge una domanda: cos’è l’immagine e cosa l’immaginario.
L’immagine è la realtà esterna, le cose e i fatti, l’immaginario è la funzione psichica della percezione che interpreta questa realtà non in base alle nozioni ma in funzione del sui possibili sviluppi futuri: l’immaginario ne intuisce l’evoluzione futura. Senza immaginario non ci sarebbero state scoperte come la teoria di Newton, la teoria della Relatività di Einstein e neppure creazioni di grandi opere d’arte o di grandi costruzioni che orientano l’evoluzione dell’uomo sulla terra.
In fotografia, questa maggior consapevolezza, ti può orientare fino a farti decidere quale sia la forma espressiva che ti è più congeniale: puoi interpretare la realtà esterna, diventare cioè un fotografo di paesaggi, fiori, animali oppure ascoltare e interpretare la realtà interiore per poter esprimere la tua visione dell’uomo e del mondo.
Generalmente quando un genere o un soggetto ti affascina e ti attira in modo particolare significa che devi buttarti e sperimentarlo fino a quando non trovi qualche risposta personale che può essere la scoperta di un tuo limite, di un tuo trauma o una tua intuizione. È una chiamata per conoscerti e far crescere.
Siate eretici