PAESAGGIO

esercizio esterno o interiore?

“Un paesaggio non è mai quello che è ma quello che vedi”. Cit. Personale

 

Il paesaggio è in assoluto uno dei soggetti più fotografati, proprio perché è uno scoprire qualcosa che non conosci. La bellezza di certe atmosfere e di certi luoghi ci rapisce e ci emoziona al punto che desideriamo darle forma con la fotografia. Ma ahimè, quante delusioni quando, a casa, ci accorgiamo che non evoca più la stessa emozione che ricordiamo.

Ecco! Con questo esempio voglio aiutarti a capire cosa significa linguaggio visivo.  Conoscere e apprendere gli elementi e la funzione del linguaggio visivo (vedi i tutorial) ti aiuta ad esprimere visivamente l’emozione che hai provato, trasformando la tua foto in un’immagine che parla.

La fotografia di ricerca del paesaggio (non quella mordi e fuggi) richiede una certa conoscenza del luogo, un coinvolgimento emotivo per coglierne il carattere e un discreto allenamento (a volte anche fisico) per trovare il punto di vista. La luce migliore non esiste: diciamo che c’è una luce per rappresentare la realtà (cartolina) e una per esprimere la tua visione interiore della realtà.

Per rappresentare un paesaggio la luce più tridimensionale è quella laterale o in leggero controluce, quella del tramonto o dell’alba è una luce per atmosfere che iniziano a coinvolgere l’anima non solo la mente.

A volte, capita anche un colpo di fortuna: nuvole che si aprono, dei raggi di sole inaspettati, il tempo che cambia, qualcosa che entra nella scena; ma queste sono eccezioni.

Lo stesso posto può trasmettere messaggi e stati d’animo diversi, sfruttando appunto la tecnica, la composizione, la stagione, la luce, la conoscenza ma soprattutto l’idea o la sensazione che hai del luogo.

E molto importante il tuo coinvolgimento emotivo in modo da aprire un discorso personale con il paesaggio e i suoi particolari: è la tua percezione dell’ambiente, quello che conta, non quello che piace agli altri.

Secondo me, ma questo è molto personale e vale anche per i centri urbani, se non si cercano i segni dell’equilibrio e della saggezza nel rapporto dell’uomo con l’ambiente, si rischia di cadere in un estetismo superficiale che sta dilagando, foto magari belle dal punto di vista formale ma prive di contenuto, prive di messaggi che potrebbero diventare una forza dirompente della fotografia come linguaggio narrativo: scoprire, attraverso i segni, ciò che queste civiltà stanno facendo e distruggendo. Non è solo la natura che distruggiamo ma anche l’uomo, distruggendone l’identità, l’autenticita, la capacità di desiderare, di amare, di decidere e di volere.

Tu: si ma anche una bella foto della natura può esprimere la bellezza che stiamo perdendo e contribuire ad un messaggio.

Io: si solo se fa parte di un tuo progetto, ma rischia comunque di essere fine a sé stessa, di diventare un concetto mentale di bellezza astratto, opera della mente: non c’è bellezza senza l’uomo.

La natura (o la realtà) non è ne brutta né bella. La bellezza non è nelle cose ma nel rapporto che l’uomo ha con le cose. La bellezza è dentro di te/noi. L’estetica da sola, rischia di essere una proiezione compensativa.

Siate Eretici

 

 

 

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