Il click è sempre connesso con qualcosa di tuo e di intimo.
Foto realizzata alla Biennale di Venezia di qualche anno fa, nel Padiglione Polacco. Nella nebbia il ragazzo si è distaccato improvvisamente dal suo gruppo e, la forma che ha assunto la nuova scena ha configurato il “momento decisivo” dello scatto. Il giorno dopo, nel guardare le foto, ho capito il perché: l’immagine è l’espressione di una scelta, la decisione di non fare quello che fanno gli altri. Quel periodo la foto esprimeva molto bene il mio bisogno interiore di fare una scelta importante.
Capisci come può nascere una foto d’autore?
Se sei già ad un buon livelle espressivo, presta attenzione a cosa fotografi e confrontalo con i tuoi bisogni, con i tuoi sentimenti, con tuoi valori.
Quello che fotografi vedrai che esprime quasi sempre un tuo stato interiore, un tuo sentimento, un tuo bisogno o un tuo desiderio.
Quando quel qualcosa di tuo si stacca dal personale e assume una valenza di interesse universale, diventa arte.
Qualcuno scrisse: “C’è verità soltanto nei rapporti e cioè nel modo in cui noi percepiamo le cose e le persone”. Quel qualcuno è Gustave Flaubert
Quale frase può definire meglio la fotografia?
La fotografia d’autore trasfigura la realtà esterna. Quando fotografi ti servi della realtà esterna per esprimere il tuo stato interiore. Nelle cose che fotografiamo vediamo i nostri traumi (vedi Francesca Woodman, Mappeltorp), oppure esprimiamo i nostri sentimenti sulla vita delle persone (vedi Sebastião Salgado) o il nostro senso di bellezza senza tempo (vedi Fontana, Ghirri e molti fotografi naturalisti).
“Per fare bene una foto bisogna scegliere un soggetto o un tema che si ama. Bisogna fotografare temi e soggetti con i quali ci si ha una identificazione totale, se manca questo manca tutto.” Sebastião Salgado
La frase di Salgado stimola alcune domande:
.Ti sei mai chiesto perché guardi quella determinata cosa e non qualcos’altro?
.Di quello che guardi cosa vedi?
.Chi decide, dentro dite, quello che vedi?
.Sei tu che vedi o vedi quello che piace agli altri!
Se ti soffermi con attenzione su queste domande, ti verrà spontaneo chiederti: ma cosa insegnano le scuole di fotografia?. Corsi e accademie ti danno tutte le informazioni tecniche ma ti insegnano il linguaggio convenzionale (assoggettato ai bisogni e agli interessi del sistema). Ti insegnano ad essere creativo a senso unico.
Non ti insegno ad essere critico e a coltivare il tuo modo personale di guardare e vedere le cose. Non ti insegnano a non imitare gli altri. Ti insegnano ad allinearti.
Tutto questo ci sta se vuoi iniziare la professione, ma quello che conta e che tu ne sia consapevole per non farti bruciare l’anima e sentirti, dopo anni di lavoro, insoddisfatto.
“Se di fatto la funzione della scuola è l’assimilazione di una coscienza collettiva, l’originalità della coscienza individuale svanisce a poco a poco e, generalmente, a vent’anni i giovani sono un sacco pieno di coscienza collettiva. Se si chiede la loro opinione su un argomento qualsiasi, non fanno che ripetere ciò che dicono i loro genitori o i loro amici, gli articoli dei giornali e la TV ed è difficilissimo riportarli anche ad una sola reazione conscia personale”
Tratto da “Alchimia” di Marie-Louise von Franz.
L’omologazione culturale, del pensiero e delle immagini è diventato un limite pericoloso del nostro modo di vedere e fotografare: vediamo solo quello che hanno già visto gli altri.
Siate eretici