TRE PIANI SENZA ASCENSORE

Ti sei mai chiesto perché fotografi? e se quello che fotografi è ciò che vedi tu e non quello che vedono gli altri? Ti sembreranno domande inutili fino a quando non ti accorgi che sei più preoccupato/a dell’immagine che dai agli altri che di essere te stesso/a. Si crede, molto spesso, che quello che facciamo siano scelte personali, quando, in realtà, portiamo avanti i modelli e gli obiettivi degli altri (per es. dei nostri genitori) senza accorgersi.
Tutti i condizionamenti che ci impediscono di essere autentici e di fare fotografie autentiche, si possono superare iniziando un cammino di crescita interiore e consapevolezza. Il percorso di crescita di un Fotografo si può paragonare ad un palazzo di tre piani senza ascensore: i più pigri si accontentano di raggiungere il primo, molti si impegnano a raggiungere il secondo e soltanto pochi entrano nel terzo.                                                      

La prima è una fase emotivamente ludica non si cerca il risultato, né la conoscenza della potenzialità del linguaggio visivo.  È una fase, ludica, di omologazione con gli altri. Si scattano foto in ogni occasione perché abbiamo bisogno di essere visti e di condividere le stesse abitudini e, magari, di sentirci anche amati. Però se non “scatta” dentro di te la passione che attiva la curiosità e la voglia di migliorare le tue foto, rimani in questa fase. 

La seconda è la fase decisamente più interessante. È una fase di passione, di apprendimento dell’uso creativo dei codici del linguaggio visivo, della scelta dei soggetti (cosa guardi) e della composizione (l’estetica della scena). Questo atteggiamento, insieme ad una adeguata cultura personale, ti mette in grado di iniziare a “scrivere” con le foto e di entrare in contatto con il tuo bisogno interiore di conoscere la realtà esterna e di esprimere la tua esperienza emotiva sulle cose (volti, paesaggi, reportage ecc).                       

La terza è la fase in cui crescita personale e talento fotografico si integrano. Solo quando ti conosci a fondo, dopo che hai attraversato luci e ombre della tua vita e sei diventato consapevole dei tuoi veri bisogni interiori e dei condizionamenti che limitano il tuo sguardo, sarai in grado di guardare e vedere cose che nessun altro vede. In questa fase sei l’autore delle tue foto, non fai quello che fanno gli altri. Riesci non solo ad esprimere sentimenti o emozioni, ma soprattutto esprimi visioni e contenuti di respiro universale: guardandoti dentro vedi il senso delle cose.
La fotografia artistica è il linguaggio dell’anima che ti aiuta a visualizzare le contraddizioni del presente e i traumi del passato. 

La maggioranza si ferma alla prima fase, molti raggiungono, con ottimi risultati estetici, la seconda (soprattutto nel genere paesaggistico) e solo pochi arrivano alla terza: finendo con l’arrestarsi forse per paura del giudizio degli altri o per paura della solitudine o perché, in modo un pò narcisistico, si siedono sui like e sui consensi che gli attribuiscono gli altri.
Quello che mi preme è di riuscire a dare un piccolo contributo al bisogno di disobbedienza interiore dei fotografi per esprimersi in modo autentico.
Per dirla con le parole di Gurdjieff: “nella vita non fare mai quello che fanno gli altri”. Gurdjieff è stato il maestro ispiratore della poetica e della filosofia di Battiato.

Tre esempi fotografici per  rendere più chiara la descrizione. Guarda senza fretta, fino a quando non percepisci le prime sensazioni. Fermati sull’intera immagine e sulle prime sensazioni trasmesse dal significante e poi vai sui singoli dettagli.

Prima fase:

Classica foto ricordo, basta avere una compatta o un cellulare: si inquadra e si scatta con la vaga illusione di fermare quel momento di piacere. In questa fase, non molto tempo fa, si raccoglievano le foto sugli album di famiglia e si condividevano con gli amici più intimi; oggi invece, la gran parte delle foto rientra sui social, con lo scopo di condividere qualcosa con tutti: una festa, un bel piatto, un luogo mai visto, un viaggio, un’escursione in montagna ecc. ecc. Diciamo che, in questa fase, i social stanno dando una “voce” e uno “spazio al bisogno di relazioni e al bisogno di apparire (rimedio alla solitudine?).

ambra seduta

Seconda fase:
In questa fase sai già fotografare e decidi sempre cosa vuoi o ti interessa fotografare.
Ecco due fotografie (un ritratto di Letizia e di un raro fiore di montagna: Scarpetta di Venere (Orchidacee). Il contenuto è diverso, ma simile nel tentativo di esprimere un emozione o un sentimento. Per realizzare immagini simili ti necessitano buone competenze tecniche ed estetiche. In questa fase ti ispiri ai grandi fotografi, ti lasci meravigliare dalle luci, dal colore, dal B/N, dall’intensità di un volto o dalla bellezza di un fiore e da uno stile. Cerchi di esprimere qualcosa che ti ha attratto: la sensazione che hai percepito nell’intensità di uno sguardo o di meraviglia di fronte alla bellezza del fiore. Ci sono infinite possibilità espressive ed è proprio per questo motivo che, in questa seconda fase ci sono molti fotografi, ed alcuni con ottimi risultati estetici e grande sensibilità. Siamo comunque ancora “dentro“ canoni iconografici socialmente condivisi e convalidati, anche se emerge uno stile e una sensibilità.

Letizia e orchidea

Terza fase:

A questo punto è probabile che ti venga spontaneo chiederti: ma come si accede nella fase artistica della fotografia? la risposta non è facile, perché ognuno di noi, pur vivendo nello stesso paese è un individuo unico e la reazione ai fattori che ti possono rendere una persona mentalmente omologata o libera e di talento dipende dalla tua crescita personale e dalla forza della tua vocazione per la fotografia. Io ti posso citare solo alcuni “mattoni” sui quali ho costruito il mio percorso di fotografo e il mio carattere.

  • Conoscere te stesso perché ti permette di superare i limiti dell’orizzonte del tuo sguardo.
    Non fare quello che fanno gli altri.
    Evitare di esprimersi per stereotipi (luoghi comuni, credenze).
    Instaurare una comunicazione interiore con se stessi confrontandosi con le perone con le quali si entra in empatia e leggendo i libri che attraggono.
    Disobbedire: uscire dalla noia del pensiero unico (dal gregge).
    Liberarsi dalla schiavitù delle abitudini e dalla retorica ingannevole della pubblicità che produce immagini false per crerae illusioni.

Roland Barthes scrive: “quello che facciamo, oggi, passa attraverso l’immagine: non si è felici se non coincide con l’immagine”.

Più conosci te stesso, più ti avvicini alla scelta di uscire dal gregge che significa, come dice Gurdjieff: fare qualcosa che non hanno mai fatto gli altri.

Questa foto, che propongo, fa parte di un progetto: “Inferno-Purgatorio e Paradiso” e, insieme alla foto della gabbia, nella Home del blog, fa parte di una mostra che ho fatto a Udine nel 2019 presso l’Ex Ospedale Psichiatrico San Osvaldo. In questo caso la fotografia rappresenta il mio impegno e lo sforzo di comunicare la mia verità personale: le sensazioni nate dentro di me di fronte all’orrore di quell’ambiente e al dolore della storia di una giovane donna internata, che ho letto.
L’arte è un grido che vuole risvegliare le coscienze: la fase in cui sai cosa vuoi e non ti senti più obbligato a doverlo dimostrare agli altri, ma solo a te stesso.

Questì sono tre esempi scolastici, ma ognuno di voi dirà la sua in mille alrti modi e con mille diversi soggetti.

Buon lavoro, ma Siate eretici

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