
Non sappiamo chi siamo perché sono stati gli altri a dirci chi dobbiamo essere.
Nella comunicazione visiva la forma di qualunque cosa è l’aspetto visibile della realtà: il suo significante. Quando guardi qualcosa, la sua forma (il significante) si imprime sulla retina dalla quale partono gli stimoli sensoriali verso il cervello che provvede all’elaborazione del significato. Sembra semplice ma non è facile.
Qui la cosa si complica un po’, perché c’è un cervello primitivo (l’Old Brain) che elabora gli stimoli sensoriali utilizzando l’intelligenza della Natura e la Corteccia Cerebrale (la mente) che elabora gli stimoli utilizzando nozioni e concetti acquisiti nel sistema culturale ed educativo nel quale sei vissuto.
I due cervelli dovrebbero integrarsi per farti vedere la tua verità ma, il secondo è manipolabile fino al punto da farti vedere quello che vogliono.
(Se vuoi approfondire di più, vai all’articolo del blog “ciò che vedi dipende da come guardi”).
Per il/la fotografo/a, la ribellione, l’atto coraggioso, quando guarda qualcosa, consiste proprio nel chiedersi: ma io che cosa vedo? quello che vedono gli altri o quello che vedo soltanto io, fidandomi delle mie sensazioni e della mia storia?
Dopo che ti sei fatto questa domanda inizi a guardare la realtà in modo diverso, con più attenzione: ripristini il dialogo interiore con te stesso/a e, piano, piano, riconquisti (se l’avevi persa) la tua identità e diventi consapevole dei fattori limitanti.
Non ti preoccupare, tutti ereditiamo una o più maschere: dal nome e cognome, dalla professione, dalla famiglia, dalla scuola, dal ruolo sociale, dallo status e dalla civiltà o dal gruppo di appartenenza.
La cosa importante è diventare consapevoli delle maschere che indossiamo nelle relazioni sociali e usarle (come gli attori) senza danneggiare la nostra identità: senza immedesimarsi. Per questo, un po’ di solitudine fa bene, ci aiuta a rafforzare la nostra identità perché è li (quando sei solo) che nasce il bisogno di chiederti chi sei.
Chiediti se la mancanza di questa consapevolezza, può essere il motivo di tanta infelicità o il motivo per cui le persone si lasciano illudere così facilmente.
Se non sai chi sei e cosa vuoi non puoi che fare quello che fanno gli altri.
Questa consapevolezza è la tua finestra, dalla quale guardi e vedi le cose filtrate solo dalle tue sensazioni.
Mentre sali, di gradino, in gradino, spogliati di ciò che non è tuo, in modo da giungere sulla finestra con la mente più “vuota” possibile di credenze e luoghi comuni.
Sembra un paradosso ma ciò che ha ostacolato e condizionato la nostra infanzia, ci può aiutare. Se ci fai caso, quando entri in una crisi, la sofferenza e l’insicurezza ti spingono o ad ammalarti (se non fai niente) o a cercare te stesso (anche con l’aiuto di qualcuno).
Non sappiamo chi siamo perché sono stati gli altri a dirci chi dobbiamo essere e noi abbiamo accettato, troppo piccoli per reagire, di assomigliare a qualcun altro.
Quando fotografi ribellati, fidati delle tue sensazioni, ti aiuta molto. Fotografa quello che senti tu, quello che ti attrae, quello che ti turba, non quello che fanno gli altri, qualsiasi sia il genere.
Verità (in arabo Emet) significa: la capacità di comunicare ciò che hai dentro di te, ciò che non riesci a non nascondere a te stesso”. E cos’è che non puoi nascondere a te stesso?
È la tua percezione delle cose: le sensazioni, le emozioni e i sentimenti, con i quali, guarda caso, si esprime il linguaggio visivo.
Per rivoluzione dello sguardo intendo proprio questo: per sapere cosa vuoi hai bisogno di sapere chi sei, solo così eviti di fare scelte sbagliate e il pericolo di rimanere intrappolato, come un automa, nella “confort zone”, all’interno della quale prendi solo treni sbagliati.
Ho preso anch’io treni sbagliati, mi sono accorto perché l’anima, se non l’ascolti, ti fa pagare il conto: o in salute o in perdite. Dopo le perdite ho capito chi sono.
Come dice C.G. Jung: “chi si guarda dentro si sveglia, chi guarda fuori s’illude”
Non è un percorso facile per chi non è abituato a queste riflessioni; sarai assalito/a da dubbi e insicurezze, ma se non molli e coltivi te stesso/a senti crescere la tua autostima, la sensazione e la soddisfazione di aprire la tua strada, quella scelta, autentica, quella che il sistema nel quale vivi non ha interesse a far emergere né in te né in nessun altro individuo.
Il sistema ti vuole omologato/a, obbediente e analfabeta funzionale, cioè incapace di criticare:
il sistema non vuole la felicità degli individui.
Siate Eretici