TEMPORALE

La storia di questo temporale è particolare: mi ha letteralmente inseguito fino ad arrivare a casa dandomi il tempo di prendere il cavalletto, la canon con il 200 mm e poi si è scatenato.

Ottobre 2015. Decido di fare un’escursione in casera Lodina nel gruppo delle Dolomiti Friulane. Non è un sentiero difficile ma un po’ lungo. Si parte in località Compol in Val cimoliana (Pn.). La giornata era mista ma non davano pioggia.

La salita è andata bene e veloce circa h. 2.00, il dislivello è di ca 1200 mt.

In casera sono stato raggiunto da un ragazzo Francese, atletico, al quale ho fatto una foto con Barbara, la mia compagna che parla francese.

Ho gironzolato un pò e ho osservato, con un respiro di soddisfazione, tutte le cime attorno che avevo scalato: Duranno, cima dei Preti, Vacalizza, cima dei Vieres ecc., tutte tra i 2400 e i 2700.

Mentre scattavo delle foto, dopo un paio d’ore, notai che da nord, sul Duranno, in breve tempo stavano scendendo nuvole scure. Di fronte, a sud, non era male.

La mia attenzione si acuì, non avevo proprio vogli di beccarmi un temporale, anche perché non avevo un abbigliamento adeguato. Nel giro di poco ho la netta sensazione di avere il tempo di scendere prima che si scateni.

Avviso il francese che sta venendo un temporale, ma lui sembra non farci caso. Chiudo lo zaino e giù di corsa.

Verso la fine del sentiero sento i passi del francese che stava scendendo di corsa puntando il dito verso il cielo. Ah si, ti sei accorto? Gli ho gridato.  Arrivati in auto inizia a gocciolare. Dovevamo fare altri 10 Km per essere a casa. Parto in fretta. Arrivati a casa il cielo era ormai nero soprattuttosopra la casera dov’ero prima. Entro in casa sentendo che si stava scatenando qualcosa di grosso: prendo il cavalletto e la fotocamera piazzandomi su terrazzo coperto del secondo piano; per fortuna avevo una bella visuale Giusto il tempo. Inizia a soffiare un fortissimo vento da tromba ed inizia a piovere. D’istino punto la fotocamera verso le montagne e cerco la migliore composizione. Inizio a scattare, piano, riparato alla meglio nel sottotetto. Uno, due e poi si scatena una vera e propria bufera con tuoni e fulmini. fisso il diaframma f/7 e faccio alcuni scatti in sovra e sottoesposizione con diversi tempi di posa (1/250 – 1/500 – 1/800 – 1/1250) per riprodurre le scie della pioggia in modo diverso. Era quasi buio. Poi metto in B e con un cartoncino nero copro la lente, liberando velocemente la porzione del cielo quando appariva il fulmine. Ho fatto 4/5 tentativi.

Il tutto è avvenuto in pochi minuti. Chiusi tutto e mi godei, se si può dire, il temporale, emozionatissimo di fronte a quella meravigliosa e spaventosa forza della natura: pensando che se ci fossimo ritardati di mezz’ora ci avrebbe presi nel bosco.

L’aspetto che mi ha fatto riflettere è il rapporto tra la mia percezione e il fatto che si sia scatenato appena aperto il cavalletto sul terrazzo. Chissà quali frequenze ci connettono con la natura. Ho avuto la sensazione che tra di noi c’è stata un’intesa.

In postproduzione, creando tre livelli, ho inserito il cielo con il fulmine lavorando un po’ sulle curve e sulla fusione dei colori. Poi ho scurito la casa in primo piano per accentuare la prospettiva aerea.

Se l’intento è un’opera d’arte, il fotografo, in postproduzione è anche un po’ pittore. In questo caso ho cercato di avvicinarmi il più possibile, per dirla con le parole della Gestalt, alle qualità terziarie dell’immagine che sono quelle di massima impressione nella memoria visiva, quelle che ti rimangono anche dopo qualche giorno: meraviglia, maestosità della natura, timore reverenziale, bellezza.

Siate eretici

 

 

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