IL VIAGGIO DEL FOTOGRAFO (cat. eretica)

Uno sguardo verso la realtà interna per imparare a guardare la realtà esterna

Sono cresciuto in tempi bui per l’arte: erano gli anni 70-80. Tempi durante i quali sono stati sacrificati talenti, vocazioni e valori personali. Triste, ma era così: si doveva studiare, obbedire e fare quello che andava bene alla famiglia, al sistema e all’economia industriale.

La creatività era coltivata nelle scuole private per soddisfare un unico scopo: quello della vendita. Siamo agli inizi degli anni 70, in piena industrializzazione, in piena espansione del consumismo e dell’edilizia selvaggia. Si c’è stato il 68; c’è stato uno scossone culturale verso alcuni valori ma sono prevalsi solo quelli più convenienti alla crescita economica più che culturale.

L’ho vissuto e, francamente, ha cambiato solo i rapporti tra politica ed economia mentre, nel contesto culturale e sociale, ha vinto il consumismo e l’energia giovanile del ’68 si è persa sugli scaffali dei supermercati, nelle boutique di abbigliamento, nei saloni delle auto e nella liberazione sessuale (la pornografia): simboli di un nuovo status sociale, di un nuovo benessere: un’illusione di libertà.

Anche la fotografia è stata “vittima“ di questa tendenza: tralasciando lo sviluppo delle tecnologie, i talenti dei fotografi più creativi sono stati “usati” e assoldati per rendere più efficace il messaggio pubblicitario. I più creativi sono stati anche osannati dai media di stato.

Tanto per dirne una per esempio, artisti come LINCHTESTEIN E WARHOL, fondatori della Pop Art, non si capisce bene se abbiano celebrato il consumismo o se l’abbiano criticato. Diversamente il fotografo Jordan Chris (sconosciuto ai molti) ha criticato in modo chiaro gli effetti nefasti del consumismo (le sue foto le puoi vedere qui) https://www.greenme.it/vivere/arte-e-cultura/consumismo-usa-chris-jordan/

Con lo sviluppo industriale è stata necessaria una comunicazione mirata, capace di creare nuovi bisogni per sostenere il sistema dell’economia dei consumi: nuovi modelli abitativi, nuove abitudini sociali, nuovi prodotti di durata sempre più breve, nuovi apparecchi fotografici, auto a manetta perché ha rappresentato (e lo è ancora per molti) lo status per eccellenza fino a che, sull’onda di ciò che era stato considerato un benessere illimitato verso il 2000 inizia una grave crisi finanziaria causata dall’avidità e dalla mala gestione finanziaria delle banche coinvolte in un processo di crescita, a mio avviso insostenibile e peculativo. La crisi esplode nel 2008 coinvolgendo l’economia finanziaria di tutto il mondo occidentale con conseguenze tragiche sull’economia reale, compresi gli studi fotografici.

Siamo in piena rivoluzione tecnologica digitale e alle prese con la globalizzazione dei mercati.

E’ strano come le crisi nascano a fronte di cambiamenti tecnologici e/o geopolitici che alterano i sistemi sociali e lavorativi.

A fronte di ciò, l’unico atteggiamento possibile, per non farsi fregare, almeno in senso psicologico ed emotivo è quello interiore: cioè conoscerti: CHI SEI, COSA VUOI, quali sono i TUOI VALORI più profondi.

Chiedo scusa per questa premessa storica, necessaria alla comprensione di quanto segue.

Con questo blog voglio condividere la mia esperienza di vita, come fotografo e artista che ha vissuto i tre cambiamenti epocali (1968-2008-2020); voglio farlo in modo diverso: direi nuovo rispetto a quello che trovi in giro sull’web. Nuovo perché nuovo è lo scopo e il contenuto.

Non mi soffermo sugli effetti fotografici e non parlo di come creare fotografie di paesaggi spettacolari, esotici, come le aurore boreali o la via lattea; non mi interessano. Non ho nulla verso chi si impegna seriamente o per semplice curiosità, a fotografare questi soggetti; è comunque un’esperienza molto interessante per la conoscenza tecnica ed estetica.

L’incognita di ciò che la fotografia può diventare con il digitale è appena iniziata, basta far attenzione e non lasciarsi prendere solo dagli effetti speciali e dal consumismo sempre più claustrofobico e pericoloso.

Quindi non perdere troppo tempo a guardare le ultime novità o gli ultimi modelli e non farti fregare da innovazioni inutili.

Una buona reflex o mirrorless con qualche ottica e qualche accessorio è ciò che ti basta, naturalmente acquistati in base al genere di fotografia che intendi esplorare (se hai bisogno ti posso dare qualche consiglio per gli acquisti).

Parlo invece di un viaggio interiore e della rivoluzione dello sguardo necessari ad un Buon Fotografo per riuscire a fotografare con piena libertà mentale ciò che decide: in linea con i suoi Valori e la sua Vocazione.

Ti sembra ovvio? Vedrai che non è così.

Parlo dei limiti dell’orizzonte del nostro modo di guardare. Limiti che condizionano ogni percorso creativo compreso quello fotografico:

“quando esci di casa, al mattino, sei uno che guarda solo i semafori o guardi anche il cielo?”.

Ti accorgerai che il modo di guardare tuo personale è ciò che farà la differenza e ti farò vedere cosa lo condiziona e cosa lo libera. È tempo di cambiare dentro per cambiare il fuori.

Ne abbiamo avuto abbastanza delle illusioni e dell’apparenza, cari al consumismo che ha creato una società di manichini.

Ora è il tuo/nostro turno: il turno dell’individuo.

La veloce trasformazione digitale in tutti i suoi aspetti è un processo che comporterà cambiamenti sostanziali a livello di tecnologia, crescita personale, cultura, relazioni sociali, lavori che genereranno nuovi valori. La caduta dei vecchi valori, non più all’altezza delle nuove generazioni: es: patria, famiglia, religione, confini, che hanno guidato le logiche dell’occidente per due secoli hanno lasciato, nelle ultime generazioni il vuoto: disorientamento, rabbia, paura e, di conseguenza, un forte bisogno di crescita interiore: chi sono? cosa voglio? Mi piace? Ha senso quello che faccio? Sono felice?

Il conformismo e il consumismo non amano la realtà vera, né gli spiriti creativi, ma solo apparenza e consuetudini.

Ralph Waldo Emerson

Personalmente, come professionista, ho sempre lavorato “a fianco del sistema” evitando di cavalcare mode e prendere treni guidati da altri conducenti. Ho perso denaro ma è stata una decisione giusta per me, fuori dalle fauci di un sistema che ti stritola con l’illusione del successo e del potere. La mia sensibilità di fotografo (soprattutto per le luci, le composizioni e i contenuti) era ed è molto apprezzata ma le immagini su commissione dovevano (e lo sono ancora) essere allineate e conformi alle statistiche e alle leggi di mercato. Al mercato non servono le tue idee se non sono in linea con i bisogni del consumatore: così si cadeva nei luoghi comuni e nella retorica pubblicitaria.

1976. La mattina del secondo giorno del terremoto in FVG, dopo aver stampato fotografie tutta la notte, incontrai a Udine l’inviato speciale di Epoca: Piero Fortuna. Guardò con attenzione le mie foto poi mi chiese che cosa volevo fare. Avevo 23 anni. Gli dissi che volevo fare il reporter per una testata come la sua. Dopo aver saputo che avevo appena aperto uno studio di fotografia, mi disse: Tu non hai idea delle frustrazioni che subiscono i fotografi di una rivista come questa, destinata a dare le notizie che vanno bene alla proprietà del giornale e al pubblico che compra. Ho visto fotografie di guerra di pregevole valore umano che venivano cestinate a favore di un crocifisso in mezzo le macerie. Con le tue foto farei un libro. Pensaci, mi disse: coltiva il tuo lavoro e lascia perdere i giornali. È una montatura. Lavora per conto tuo fin che puoi.

Sarà perché in Piero Fortuna era rimasta intatta la genuinità e l’onestà friulane, vista la sua origine, ma quelle parole mi hanno lasciato un segno e mi hanno permesso di conoscere l’altra faccia di una medaglia che appariva diversa ad un giovane di 23 anni all’inizio della vita.

E così ho fatto. A quelle condizioni non ero disposto a sacrificarmi o lo facevo da freelance o coltivavo la fotografia matrimoniale e industriale, come ho fatto, insieme a quella artistica.

Ogni nostra scelta ha sempre due facce: quella intima, fedele a te stesso, ai tuoi valori più profondi, alla tua natura o quella dettata da una molteplicità di altri condizionamenti mentali non sempre coscienti e in sintonia con quello che sei.

Quando ti conosci e sai chi sei decidi: altrimenti ti adegui.

In questo senso, il fotografo, quello con un po’di esperienza, oltre al suo lavoro ordinario, ha molto da fare. C’è bisogno di fotografi eretici.

Fotografi che sperimentino linguaggi nuovi soprattutto per cercare il ruolo artistico e sociale che può avere la fotografia che, nel passato, ha subito il primato della pittura e la manipolazione della comunicazione visiva di massa, trasmessa dai media (molti non saranno d’accordo visto che si celebrano molti fotografi di moda. Ma fa parte dell’illusione, senza togliere nulla alla loro capacità creativa).

Oggi, se la condizione culturale dell’uomo-massa è quella che è, si deve ringraziare il lavoro di condizionamento, che tutti i mezzi di comunicazione hanno fatto dagli anni 60 in poi.

Sono grato a tutti quei fotografi che, in un modo o nell’altro, stanno tentando di migliorare questo sistema lasciando un segno anche se non da protagonisti dei media di massa.

Quelli sono i fotografi eretici.

Adesso è un buon momento per porsi queste domande.                                        

Maniago 26 novembre 2021

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto