Una foto di esempio per chiarire con una sintesii visiva cosa intendo per teoria dello sguardo: da due tronchi bruciati durante una serata di festa a una visione che evoca Stonehenge o qualcos’altro che ti può suscitare un emozione. Più entri dentro di te più sai come guardare (vai all’articolo: la bellezza è dentro di te).
Per tentare di affrontare in modo personale la fotografia è fondamentale accorgersi degli stereotipi visivi che la nostra civiltà, da qualche secolo, utilizza nella comunicazione sociale e nella pubblicità, ottundendo la nostra mente fino a devastare l’identità dell’individuo e la sua capacità di decidere cosa guardare. Se questo non bastasse, c’è sempre “l’assemblea interiore” citata nella home, che, con la paura del giudizio, ti fa fare cose diverse da quello che vorresti fare veramente. Purtroppo sono ancora molte le persone che non si accorgono di questi limiti mentali. Oggi le persone non guardano, accettano tutto quello che hanno già guardato e fatto gli altri. E triste ma è così.
Come fai ad uscire da questa situazione?
Visto che siamo tra fotografi, se ci pensi un po’, guardare non è un’operazione facile, richiede decisioni che diventano scelte di vita. Ogni volta che guardi qualcosa o qualcuno decidi l’ampiezza dell’orizzonte del tuo sguardo. Uscendo di casa c’è chi, camminando per strada, guarda anche il cielo, molti altri solo i semafori. Oltre all’orizzonte decidi anche la velocità del tuo sguardo. Su alcune cose ti soffermi e su altre no, perché alcune cose contano per te e altre no. E delle cose che contano per te guardi solo alcuni aspetti e altri no. Alla fine tutto ciò che fai dipende dagli aspetti che contano per te e ciò che conta per te è quello che guardi. Il tuo modo di guardare guida le tue decisioni e crea la tua realtà. Non è facile, sono decisioni importanti che orientano la tua vita in un modo piuttosto che in un altro e, molto spesso, preferisci non pensarci troppo e finisci con l’adeguarti alla visione degli altri e, nel peggiore dei casi, non ti accorgi neppure di farlo. Il nutrimento dello sguardo è la conoscenza di te stesso. L’espressione di un viso o la bellezza di qualunque cosa che ti attrae non fanno altro che attivarti un’emozione; le emozioni vivono di scambio: quello che senti tu lo impari guardando l’altro.
La tua teoria
(teoria in greco significa “modo di guardare”). Quindi, quello che ti distingue come fotografo e artista è il tuo modo di guardare la realtà, in altre parole, la tua teoria della vita: imparare a guardare, per un fotografo, significa vedere quello che non vede nessun altro (ne parlo nella Teoria della percezione nel manuale di prossima pubblicazione). Alla fine dell’adolescenza ci siamo trovati e ti sei trovato/a anche tu di fronte ad un bivio: seguire gli altri o realizzare la tua vocazione. Oggi, molto spesso, capita che ci accorgiamo di inseguire obiettivi che non erano i proprio i nostri. In ambito artistico quando decidi di fotografare qualcuno o qualcosa sei sempre di fronte ad una decisione, più o meno consapevole:
- o ti adegui agli stereotipi visivi collettivi che dilagano nei concorsi, sui media e sui social, semplicemente per sentirti dire bravo o per paura del giudizio degli altri o perché non ti sei ancora accorto della gabbia mentale.
- o “disobbedisci”. Fai una scelta eretica. Esci dalla visione convalidata dagli altri e inizi il tuo viaggio di ricerca. Che cosa cerchi non è sempre chiaro: un’idea, la bellezza, un sentimento, la tua visione diversa del mondo ma li insegui perché hai ri-attivato la comunicazione interiore con te stesso per capire chi sei e cosa vuoi.
Se un bel giorno ti senti perso in una selva oscura, insoddisfatto e depresso (metafora Dantesca della crisi profonda della civiltà e dell’uomo) e concentri l’attenzione su chi sei, scopri che tutto quello che ti è stato raccontato e ai accettato fino ad oggi, non ti basta più, anzi è la causa della tua scontentezza e del tuo disagio. Nasce così il bisogno interiore di andare oltre i limiti dell’orizzonte del tuo sguardo: senti il bisogno di crescere e di conoscere la tua realtà interiore per condividerla. Qui, gli altri, non esistono più. Sei tu l’autore della tua teoria: è qui, in questo stato di solitudine creativa, lontani dalla massa, che nasce la “magia” delle fotografie (o delle opere) che ti catturano e l’opportunità di condividere con gli altri chi sei veramente (non la tua maschea sociale).
Accetta le tue contraddizioni interiori
In poche parole hai bisogno di venire a contatto con le parti più profonde e autentiche di te: ci vuole coraggio perchè non tutto è bello ciò che troviamo nel profondo, ma dobbiamo conoscere, accettare ed equilibrare tutte le pulsioni: quelle belle con quelle brutte: non dobbiamo ne condannare, ne giudicare, ma accogliere, allora accadde qualcosa di inspiegabile che alimenta il flusso di energia che ti permette di creare, di conoscere e trovare le risposte a molte tue domande. Nessuno di noi è sbagliato, ci hanno solo imbottito di nozioni mentali, pregiudizi, credenze che ci addormentano lo sguardo e, se non vediamo le cose che vedono gli altri, ci sentiamo sbagliati. Non è così. Una volta qui, la fotografia può farsi Arte, ma il processo non è assolutamente scontato. Uscire dalla zona di confort quotidiana: famiglia, abitudini, amicizie, aperitivi, affetti non è facile: ne senti veramente il bisogno solo quando ti accorgi e capisci che stai vivendo una vita che non la senti tua ma strutturata e condizionata dagli altri.
Devi essere un eretico: cioè fare una scelta.
E adesso?
Tu: “Mio Dio, esclamerai, ma devo rinunciare a troppe cose piacevoli”. Non è una rinuncia è una conquista di te stesso. Guarda ciò che guadagni. Rinunci sostanzialente alle illusioni e ai condizionamenti: sono queste le cose piacevoli? Abbandoni qualcosa della “confort zone” (qualche abitudine e non per sempre) ma assapori il Piacere nuovo di intraprendere un viaggio per conoscerti e riuscire a decidere sulle basi di chi sei tu non di quello che voglionomgli altri. Si può entrare e uscire dal personaggio. Non c’è bisogno di isolarsi su di un eremo per essere sé stessi: è un luogo comune (un altro stereotipo sociale). Puoi continuare a vivere con la consapevolezza, che quella parte dell’io che opera nel contesto sociale è solo una piccola parte di te: è il tuo personaggio sociale che ha un nome, un cognome, una professione, un ruolo sociale e una storia passata ecc. Mentre quando sei solo/a e fai quello che conta per te, lì opera l’autore (il tuo io autentico), dove sono nascosti i tuoi talenti e la tua creatività. Non è facile. Qualcuno dice che bisogna fare i muscoli psicologici. Questo è l’unico terreno da coltivare per far fiorire la tua/mia/nostra personalità e la nostra vocazione. Quello che sta accadendo nel nostro sistema occidentale è una svolta autoritaria: sta creando, incertezza del futuro, paura, insicurezza, insoddisfazione e tante domande; quale momento migliore di questo per chiederti se quello che hai e quello che stai facendo è veramente quello che vuoi e se quello che vuoi corrisponde a quello che sei. Quando apri la comunicazione interiore con te stesso sei nella direzione giusta: coltivi te stesso e te ne freghi del giudizio e di quello che fanno gli altri (con fatica ma te ne freghi interiormente). Ti accorgerai, cosa strana per chi non fa questo tipo di scelta, che sarai più tollerante, più calmo e più comprensivo con quelli con cui entri in relazione. Ma saprai dire no se non sono sulla tua stessa vibrazione.
Siate Eretici